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L’ex consigliere federale Schneider-Ammann parla un linguaggio semplice

L'ex consigliere federale Schneider-Ammann parla un linguaggio semplice

L’accordo quadro e la questione della sovranità

Berna vuole negoziare tre chiarimenti con Bruxelles e poi firmare l’accordo quadro. Questo non risolverà il problema più importante – la crescente perdita di sovranità. Il commento di Johann Niklaus Schneider-Ammann

Si può presumere che l’iniziativa sulla libera circolazione sarà respinta il 27 settembre. È una buona cosa, perché la cessazione della libera circolazione delle persone, attraverso la clausola della ghigliottina, arrecherebbe un grave danno al nostro collaudato accordo bilaterale con l’UE. Fino ad allora, i colloqui sull’accordo quadro (InstA) concluso in via provvisoria sono sospesi. Ma a partire dal 28 settembre si eserciteranno pressioni su entrambe le parti per portare finalmente a termine i negoziati. In Svizzera, alcuni non vedranno alcun motivo per non firmare l’accordo subito dopo la vittoria della battaglia. E l’UE dovrebbe continuare a far pressione su Berna e riprendere la ricerca di dossier con cui poter fare pressione sulla Svizzera (equivalenza borsistica, app corona tracing) finché non sarà stato firmato il progetto di accordo del novembre 2018.

Buoni rapporti

È vero che l’Unione europea difficilmente sarà in vena di negoziati sostanziali prima della fine di quelli sulla brexit. Ciononostante, la Svizzera deve prepararsi bene a tali negoziati, senza pressioni di tempo. In questo senso, penso sia importante segnalare in una fase iniziale un problema che non è stato ancora sufficientemente discusso. È vero che già nel giugno 2019 il Consiglio federale aveva individuato tre questioni per le quali erano necessari “chiarimenti”:

  • sulla protezione dei salari,
  • per la direttiva “Cittadini dell’Unione” e
  • nell’ambito degli “Aiuti di Stato”.

Tuttavia, queste tre domande sono ben lungi dall’essere sufficienti, per quanto rilevanti – soprattutto per ciò che concerne le misure di protezione dei salari.

Nei (post) negoziati è essenziale che venga affrontata anche la questione fondamentale della sovranità dello Stato.

L’equilibrio trovato negli accordi bilaterali tra sovranità statale e accesso al mercato interno è andato perso nel progetto dell’IstA (del 23 novembre 2018) a spese della Svizzera.

Perché è nato questo progetto sbilanciato dell’IstA , tanto più che le nostre relazioni con l’UE sono fondamentalmente buone e gli accordi bilaterali sono nell’interesse di entrambi i partner?

La circolazione di persone e merci tra l’UE e la Svizzera è impressionante nel confronto internazionale ed è ancora fortemente a favore dell’UE. L’UE scambia il triplo dei beni con la piccola Svizzera rispetto, ad esempio, al grande Mercosur latinoamericano (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Nessun altro Paese europeo, compresi gli stati membri dell’UE, è demograficamente ed economicamente più integrato in Europa della Svizzera.

Il nostro rapporto con Bruxelles è quindi in gran parte privo di problemi, a parte la misura di protezione salariale del cosiddetto accordo di otto giorni, che, dato il bilancio positivo per l’UE, non può essere un vero ostacolo economico e non causa alcuna reale preoccupazione al di fuori della vicina regione di confine dell’UE. Soprattutto se confrontato con le reali preoccupazioni – interne ed esterne – che attualmente affliggono l’UE. Ciononostante, l’UE vorrebbe porre il trattato bilaterale su una nuova base ridefinendo l’assetto istituzionale. Un impegno certamente legittimo, ma che deve tener conto anche degli interessi del partner più piccolo. Dopotutto, nella nostra Europa, non si può semplicemente modificare unilateralmente i trattati esistenti o portarne la modifica per mezzo di punzecchiature o minacce. Berna non deve accettarlo.

In cosa consiste l’UE? In parole povere, vuole proteggere il suo mercato interno. Dovrebbe essere omogenea; tutti i partecipanti dovrebbero essere soggetti agli stessi principi. Per questo motivo gli accordi di accesso al mercato con la Svizzera dovrebbero, da un lato, essere adattati in linea di principio in modo dinamico all’evoluzione giuridica dell’acquis comunitario. D’altro canto, dovrebbe esserci una procedura efficiente di risoluzione delle controversie. Finora tutto bene.

Tuttavia, nella bozza dell’InstA negoziata provvisoriamente nel novembre 2018, il bambino viene buttato con l’acqua sporca. Non solo la Svizzera dovrebbe adeguare le misure di accompagnamento per la protezione dei salari e adottare la direttiva sulla cittadinanza dell’UE e le norme sugli aiuti di Stato, ma anche, e da un lato, il principio dell’adozione dinamica del diritto dovrebbe essere applicato in tutti gli accordi di accesso al mercato esistenti e futuri (cioè la Svizzera deve adottare il diritto futuro che ancora non conosce) e, dall’altro, la clausola ghigliottina esistente dovrebbe essere estesa (vale a dire in caso di risoluzione dell’InstA, il Bilaterale I e tutti i nuovi accordi di accesso al mercato saranno annullati, dando così all’UE un grande potenziale di minaccia) e, in terzo luogo, nella procedura di risoluzione delle controversie, il tribunale arbitrale dovrebbe, nella misura in cui è interessato l’acquis comunitario, chiedere alla Corte di giustizia europea (CGCE), le cui sentenze sono vincolanti per il tribunale arbitrale (il che probabilmente non è il caso).

NZZ Commento ospite dell’ex consigliere federale Schneider-Ammann del 18.09.2020